Agli stranieri il nome Chaozhou 潮州 dira’ poco o niente, ma per i cinesi i “chaozhouren”, gli abitanti di questa citta’ nell’est della provincia del Guangdong sono tra i piu’ scaltri negli affari al pari dei wenzhounesi, se non anche di piu’.
E’ dai tempi antichi che la citta’ ha fatto parte dei centri piu’ importanti del Paese, situata nel delta del fiume Han e circondata da un territorio montagnoso da cui si estrae un particolare tipo di creta, molto adatta per la ceramica.
Mi vengono a prendere all’aeroporto una mattina di domenica perche’ a Chaozhou non seguono il calendario delle festivita’, si lavora sempre! Chaozhou non ha un aeroporto proprio ma usa quello della vicina Jieyang 揭阳, mi dicono che prima serviva circa un’ora per raggiungerlo, adesso che hanno aperto la nuova autostrada basta meno di mezz’ora per coprire i 25 km che distano dalla citta’. E infatti il viadotto che percorriamo sembra finito giusto il giorno prima: pochissime auto e quasi nessun camion. Per essere la zona dove si producono il 60% dei sanitari in ceramica del mondo potrei anche pensare di essere finito nel posto sbagliato.
Il panorama intorno e’ rilassante, il clima in autunno nel sud della Cina e’ gradevole, si avverte la vicinanza col mare. La berlinetta cinese che ci porta verso la fabbrica e’ avvolta dai coprisedile di palline di plastica che fanno anche da massaggio nel tragitto. Le due persone che mi accompagnano sono una impiegata e un ragazzo, in Cina sono sempre giovanissimi quelli con cui hai a che fare nelle fabbriche, e spessissimo sono ragazze.
Lasciata la scorrevole autostrada entriamo nel distretto industriale di Chaozhou, e qui sembra di stare in una zona appena bombardata con edifici fatiscenti, strade inesistenti e infossate da crateri, massi in mezzo alla strada e camion che fanno ogni manovra per evitarli. Ristoranti poco appetibili e banchetti di frittume locale che oltre all’olio assorbe anche la polvere della strada, sara’ la specialita’ del posto anche, viene da pensare.
Le fabbriche di sanitari devono essere almeno un centinaio, annunciate da cartelloni pubblicitari di quella che pare essere l’unica merce da proporre: lavandini e WC. Sono scritti in cinese ma anche in inglese sgarruppato, spunta anche un nome italiano, Faenza…
Arrivati, entriamo nella nostra fabbrica da visitare, la prima della serie, attraversando un vialetto con la macchina che salta dentro e fuori dalle buche come una rana, il piazzale anziche’ essere occupato da auto e’ pieno di bianchissimi WC accatastati con ordine e pronti per partire. Mi chiedo come fanno a non spaccarsi nel camion con tutte quelle buche da zigzagare…
Entriamo nella grande sala ricevimento che e’ come in tutte le aziende un accostamento non proprio sobrio di ere e stili di mobilio diverso, il grande tavolo riunioni che pesera’ una tonnellata e’ ingombro di pacchi, stampi, pile di file impolverati. Ci accomodiamo nella zona salotto con divani e poltrone in legno lucido, un grande tavolo di vetro ha sopra un set per gongfu cha, il te’ come viene servito all’antica con le tazzine minuscole e una persona che versa acqua e risciacqua le tazzine in continuazione.
Non avevo mai visto tanti WC messi insieme, e soprattutto non avevo idea che per farne uno servissero due settimane-20 giorni per dare tempo al materiale di solidificarsi e asciugarsi poco alla volta senza fare crepe.
Metto alcune foto fatte in fabbrica che spiegano piu’ di mille parole; essendo quasi fatti a mano con gli stampi non ci sono molti macchinari ma un centinaio e piu’ di persone che seguono le diverse fasi fino alla messa in magazzino, che sta da qualche cratere piu’ in la’ nel distretto industriale…